Il sistema porto-città e il rapporto con comunità e territorio

Secondo l’ESPO environmental report, il 90% dei porti europei si trova in zone urbane, il loro sviluppo, quindi, deve necessariamente essere affiancato da politiche di tutela ambientale.

Porti e aree urbane sono collegati in molti modi. Attualmente, i porti sono una piattaforma logistica per il transito di fonti di energia verso le aree urbane, come i combustibili fossili.

Come spiega il report The new energy landscape Impact on and implications for European ports la crescente disponibilità unita alla crescente domanda di energia verde richiede l'integrazione di sistema e reti intelligenti, dunque porti e città possono essere collegati in un sistema energetico comunitario integrato (ICES). Da un punto di vista normativo il Green Deal europeo va proprio in questa direzione, infatti, incentiva l'integrazione del sistema e lo sviluppo di infrastrutture energetiche connesse. I porti, dunque, da mera piattaforma logistica possono trasformarsi in hub per l’energia rinnovabile e per la distribuzione di:

  • Elettricità rinnovabile (eolica e solare)

  • Combustibili rinnovabili (ad esempio, idrogeno, combustibili di origine biologica)

  • Calore e raffrescamento rinnovabile e/o residuo

Uno dei punti principali del Green Deal per la decarbonizzazione del sistema energetico prevede l’incentivazione dell'uso del calore residuo dall'industria e dai data center. Di tutte le fonti di calore, il calore residuo è spesso la più economica.

Parte delle nuove fome di energia possono essere distribuita dalle infrastrutture attuali, ma per altre occorrerà riadattare le infrastrutture esistenti e costruirne di nuove. Le autorità portuali possono co-investire in infrastrutture o facilitare e stimolare lo sviluppo dello scambio energetico a livello regionale, collaborando con gli operatori della rete energetica i cluster industriali e le città, per integrare l'infrastruttura energetica nel porto. Questo potrebbe aiutare a ottimizzare la pianificazione spaziale e gli investimenti in infrastrutture energetiche.

Inoltre, i porti che sorgono vicino alle grandi città o alle aree industriali possono favorire la formazione di cluster per ottenere sinergie tra aziende per processare grandi volumi di rifiuti, svolgendo un ruolo nella trasformazione dei rifiuti urbani e/o industriali in energia, carburanti e prodotti chimici, portando benefici ambientali, per esempio migliorando la qualità dell’aria, ed economici.

I porti ospitano già impianti che utilizzano biomassa per produrre elettricità e calore e ospitano sempre più impianti di produzione di energia basata sui rifiuti o di biocombustibili. L'urbanizzazione sta determinando una crescita significativa dei rifiuti urbani, con una quota elevata di origine organica come acque reflue, rifiuti solidi, letame animale, alimenti e mangimi scaduti, oli da cucina usati e altre fonti come biomassa legnosa e residui di colture. Attraverso l’integrazione con le aree urbane e industriali circostanti, i porti potrebbero diventare dei veri e propria hub per l'uso delle biomasse offrendo ai porti l'opportunità di sostituire la produzione di fertilizzanti e prodotti chimici di origine fossile con prodotti di origine biologica diventando centri di produzione e stoccaggio di biodiesel/HVO, metanolo, biogas e biometano.

Come ricorda lo studio Energy transition and city–port symbiosis in biomass import–export regions, le città portuali europee guardano alle industrie basate sulla biotecnologia e all'economia circolare per trasformare le infrastrutture industriali portuali tradizionali e mantenere la simbiosi città-porto nella transizione energetica. I pellet di legno, un tipo di biomassa, vengono introdotti per la combustione e la co-combustione di impianti di cogenerazione nel Regno Unito, nell'Unione Europea, precisamente nella regione portuale di Amsterdam-Rotterdam-Anversa e nelle regioni metropolitane della Danimarca e della Svezia. Queste strategie mirano a mantenere i posti di lavoro del settore industriale, promettendo al contempo una riduzione dell'inquinamento ambientale grazie a tecnologie più pulite e sostenibili.

Inoltre, secondo il report The new energy landscape Impact on and implications for European ports, parte delle attività di trasbordo e stoccaggio di prodotti di origine fossile saranno convertite in attività per lo stoccaggio di prodotti biogenici come pellet e trucioli di legno, olio di pirolisi e bio-carbone. Il biometano può essere trasportato tramite gasdotti già esistenti. Altri carburanti, come bio-LNG, bio-LPG e metanolo, richiedono il trasporto su strada, ferrovia e acqua.

Il MED & Italian Energy Report evidenzia proprio l’importanza di una maggiore integrazione tra trasporto su strada e su rotaia. I nuovi modelli portuali implicano la coesistenza di una serie di caratteristiche, in particolare per quanto concerne il trasporto intermodale. Gli obiettivi di decarbonizzazione, quindi, possono essere raggiunti non solo attraverso gli sforzi del settore marittimo, ma anche attraverso un'efficiente connettività ferroviaria. L'uso della ferrovia al posto del trasporto su ruote prima o dopo il carico/scarico delle merci da una nave può comportare riduzioni delle emissioni, poiché la ferrovia è spesso elettrificata mentre il trasporto su strada no.

Un altro aspetto cruciale del sistema porto-città è il rapporto con la comunità locale, che infatti occupa la settima posizione nella classifica delle priorità dei porti europei nel report 2023 stilata dall’ESPO. Negli ultimi 15 anni, questa priorità è rimasta al centro della Top 10. Il rapporto con la comunità locale è una questione critica e sfaccettata che implica la costruzione e il mantenimento di interazioni positive, la comprensione e la collaborazione con i residenti e le parti interessate nelle immediate vicinanze del porto. Garantire un rapporto forte e cooperativo è essenziale per la crescita sostenibile e il successo sia del porto sia della comunità che serve.

Un numero crescente di autorità portuali sta intraprendendo iniziative volte ad affrontare questioni e preoccupazioni locali, promuovendo le attività portuali e segnalando i benefici per la comunità locale. Il 76% dei porti redige un rapporto ambientale disponibile al pubblico, migliorando la trasparenza, fornendo informazioni dettagliate sulle prestazioni ambientali, sulle iniziative e sugli impatti del porto. La pubblicazione dei rapporti dimostra l’impegno dell’ente porto verso la trasparenza e la responsabilità; consente alle parti interessate, compreso le comunità locali, le agenzie di regolamentazione e le organizzazioni ambientaliste, di accedere a informazioni affidabili e aggiornate sulle attività ambientali del porto. La maggior parte dei porti, l’87%, comunica la propria politica ambientale alle parti interessate e l’81% la rende pubblica sui propri siti web.

L’inquinamento acustico è considerato una preoccupazione significativa per il settore portuale, classificandosi come la quarta priorità. L’inquinamento acustico delle aree portuali include sia il rumore ambientale che quello subacqueo. Nei porti il rumore ambientale deriva principalmente da macchinari, gru e camion coinvolti nelle attività di carico e scarico delle merci; mentre il rumore sottomarino proviene principalmente dai motori ausiliari delle navi.

Gli impatti del rumore non si limitano al personale portuale e alla fauna selvatica nelle vicinanze, ma riguardano anche la vita dei residenti che vivono nelle immediate vicinanze del porto, causando potenziali disturbi e fastidi.

Lo studio Source characterization guidelines for noise mapping of port areas spiega che il rumore prodotto nelle aree portuali è stato trascurato per troppo tempo, finché il programma INTERREG Maritime Italia-Francia 2014-2020 non ha portato alla luce come emergano lamentele dei cittadini per alcuni dei principali porti del Mediterraneo. Tuttavia, la prevenzione e la gestione del rumore portuale sono difficili poiché la conoscenza delle fonti specifiche è molto limitata nella letteratura. Inoltre, le misurazioni sul campo sono difficili da eseguire data la complessità dell'area portuale, dove più tipi di fonti di rumore si mescolano e si confondono a vicenda.

Le mappe del rumore rappresentano il primo passo importante per allineare i porti ai requisiti stabiliti dalla Direttiva sul rumore ambientale per le infrastrutture di trasporto. Una volta realizzate, sono un ottimo strumento di supporto alla gestione del porto verso la riduzione dell'esposizione al rumore dei cittadini, garantendo al contempo la crescita del traffico.

Lo studio individua cinque macrocategorie di fonti di rumore nei porti, con relative sottocategorie. Per ciascuna elabora delle linee guida per la caratterizzazione delle sorgenti di rumore necessarie come input per la realizzazione delle mappe acustiche:

  • Strade:

    • traffico interno;

    • traffico esterno correlato al porto;

    • traffico esterno non generato dal porto

  • Ferrovie

    • traffico interno;

    • traffico esterno correlato al porto;

    • traffico esterno non generato dal porto.

  • Navi:

    • navigazione a velocità ridotta in avvicinamento alla banchina;

    • ormeggiate in condizioni stazionarie;

    • operazioni di ormeggio;

    • ormeggiate durante le operazioni di carico/scarico (senza macchinari ausiliari).

  • Portuali e industriali:

    • fonti fisse;

    • fonti mobili;

    • fonti area.

Lo studio evidenzia anche alcune difficoltà normative: per esempio, definire le procedure di misurazione del rumore delle navi è problematico in quanto, al momento, non è regolamentato né a livello nazionale né europeo.

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