Conclusioni
I porti possono giocare un ruolo cruciale nella decarbonizzazione essendo attori che possono agire su più piani:
possono ridurre le emissioni di CO2 prodotte dalle attività portuali stesse;
possono supportare la decarbonizzazione del trasporto marittimo;
possono contribuire alla riduzione delle emissioni delle città e delle aree industriali che sorgono in prossimità del porto.
In questo contesto il porto da polo logistico, con un ruolo centrale nel trasporto di fonti energetiche fossili, si candida a diventare un hub per le fonti rinnovabili e l’economia circolare, oltre a essere uno snodo intermodale per il territorio, favorendo lo sviluppo e la crescita di sistemi di trasporto sostenibili, come le ferrovie.
Le autorità portuali, in questo contesto possono essere promotori di iniziative e facilitare la formazione di cluster tra imprese e stakeholder pubblici al fine di promuovere progetti che possano sfruttare economie di scala mettendo a fattor comune le diverse esigenze portando benefici al sistema porto-città e alla popolazione residente nell’area, migliorando in tal modo anche la propria percezione presso le comunità locale.
Particolare attenzione dovrà essere fatta alle diverse forme di inquinamento (aria, acqua, terra, ma anche acustico) oggetto di crescente preoccupazione da parte della popolazione residente nelle immediate vicinanze del porto.
A tal proposito è importante che l’autorità si impegni in attività di comunicazione trasparente, per far conoscere alla collettività le iniziative intraprese nell’ambito della sostenibilità e a tutela della salute pubblica. Inoltre, le migliori pratiche evidenziano l’importanza del dialogo con la comunità locale sia sui piani di sviluppo portuale, anche in termini del mantenimento dei livelli occupazionali, man mano che le nuove tecnologie sostituiscono le precedenti, sia in termini di miglioramento della connessione porto-città, attraverso la creazione di spazi urbani vivibili e vissuti, come passeggiate, spazi comuni e aree di rinaturalizzazione, migliorando anche l’impatto paesaggistico.
Un tema da considerare riguarda anche la sicurezza dei nuovi combustibili alternativi. La realizzazione di nuovi impianti per lo stoccaggio di tali carburanti potrebbe generare allarmi e timori tra le comunità interessate, per tanto sarà fondamentale un confronto propedeutico con associazioni e cittadinanza, al fine di prevenire la nascita e la diffusione di allarmi infondati e, laddove possibile, valutare soluzioni alternative che abbiano un impatto minore sul territorio.
Il settore dei carburanti alternativi è attualmente caratterizzato da una grande incertezza, poiché il mercato propone diverse possibili soluzioni, GNL, idrogeno, ammoniaca, combustibili sintetici, ma i livelli di maturazione di queste tecnologie e la scarsa capillarità delle reti di produzione e distribuzione, rendono difficili fare previsioni future su quali di queste soluzioni si affermerà effettivamente sul mercato.
Per tale motivo è importante che i porti si muovano sviluppino soluzioni che non considerino solo il momento contingente ma guardino al lungo periodo. Tecnologie come il GNL, sono da considerarsi soluzioni di transizione, si veda a tal proposito la scelta del porto di Valencia su menzionata, che ha abbandonato gli investimenti in questa tecnologia. Al tendere i combustibili fossili dovranno essere progressivamente abbandonati, per cui è bene ragionare tenendo conto degli scenari futuri e del contesto territoriale in cui si opera. Se per esempio il porto sorge in un contesto che ha una consolidata filiera nella produzione di biocarburanti e quindi in prospettiva si ritiene che la produzione locale di bio-GNL possa essere in parte destinata alle attività portuali, quando cesserà l’utilizzo del GNL di origine fossile, allora sarà ragionevole sviluppare impianti per lo stoccaggio, la distribuzione e il bunkeraggio del GNL. Se invece sul territorio si sta lavorando per lo sviluppo di una Hydrogen valley, allora potrebbe essere preferibile sviluppare impianti per GNL Hydrogen ready.
Lo sviluppo di queste tecnologie non può tenere solo conto del contesto territoriale in cui sorge il porto, ma deve lavorare di concerto anche con le compagnie di navigazione, che fanno le loro scelte per l’ammodernamento della flotta, e con gli altri porti a cui il porto è connesso, affinché si possano creare dei corridoi lungo le rotte che rendano disponibili in modo continuo e capillare combustibili dello stesso tipo per rifornire le navi. Per tale motivo è importante che i porti si muovano all’interno di filiere, corridoi e cluster che coinvolgano tutti i soggetti interessati evitando di fare scelte singole eccessivamente legate a dinamiche locali che potrebbero compromettere la competitività e l’attrattività del porto sul lungo periodo.
La cooperazione tra i porti su scala macroregionale si rende necessaria anche in un’ottica di miglioramento della resilienza complessiva delle catene di approvvigionamento sia su scala nazionale sia internazionale. Specialmente con l’aggravarsi degli effetti dei cambiamenti climatici, opere di mitigazione locale, pur necessarie e fondamentali, potrebbero non essere sufficienti a garantire l’attività del porto in caso di eventi particolarmente estremi. Oltre alla possibile temporanea indisponibilità delle infrastrutture portuali, potrebbero verificarsi interruzioni anche a infrastrutture di collegamento al porto, (strade, ferrovie), per cui anche in presenza di un porto funzionante e integro, potrebbero comunque esserci limitazioni al suo utilizzo. Pertanto, è bene predisporre, ove possibile ed economicamente sostenibile, logiche di parziale ridondanza tra porti relativamente vicini, affinché, nel caso di temporanea indisponibilità di un porto vi possa essere un altro scalo, che possa vicariarne, almeno in parte, le funzioni riducendo gli effetti sulla catena di distribuzione.
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